Il caso Lagarde
“We are not here to close spreads, there are other tools and other actors to deal with these issues”. La Lagarde affossa i titoli di stato italiani con le sue dichiarazioni e di fatto manda un messaggio chiaro all’Italia: la Bce stavolta non interverrà per salvare l’Italia, riducendo lo spread.
Poche ore dopo la Lagarde si scusa ma è troppo tardi.
Con semplici ma lapidarie parole si è inimicata in un colpo solo politici, opinione pubblica e persino il pacato e saggio Presidente della Repubblica Mattarella.
Un disastro comunicativo secondo alcuni, una presa di posizione chiara secondo altri.
Nemmeno 24 ore dopo, è intervenuto Philip Lane, capo economista della Bce, per ribadire l’impegno della Bce ad agire sugli spread elevati dovuti al coronavirus, cercando di rimediare al danno provocato dalla neopresidente dell’Eurotower.
Quel che è certo è che la Lagarde ha fallito la prima grande prova del suo mandato. E quando il tuo predecessore è l’uomo del “whatever it takes” Mario Draghi, non ti sono concessi punti bonus. Soprattutto se in gioco c’è la stabilità finanziaria di un Paese membro dell’Eurozona, che per di più sta vivendo la crisi di sistema più dura dal secondo dopo dopoguerra.
Intanto, gli esperti e gli analisti si chiedono perché la Lagarde abbia fatto quelle dichiarazioni. Le ipotesi in campo sono due. E nessuna delle due è stata confermata o smentita dalla Bce.
La prima ha a che fare con l’approccio comunicativo. Potrebbe essere stata solo una gaffe. E questo sarebbe gravissimo perché la politica monetaria si basa nella maggior parte dei casi sugli effetti annuncio che il presidente della banca centrale genera attraverso le sue dichiarazioni al mercato. Affermazioni ambigue o equivoche non sono concesse.
Nei suoi interventi pubblici, Mario Draghi misurava l’importanza di ogni virgola, pausa, sospiro. Perché ad ogni parola sbagliata potrebbero corrispondere miliardi di euro/dollari bruciati. Proprio quello che è accaduto con la Lagarde. In altre parole, chi ricopre il ruolo di banchiere centrale non può permettersi errori di comunicazione.
I rendimenti dei titoli di Stato italiani a dieci anni (Btp) hanno registrato un’impennata da quota 1,22%, prima delle dichiarazioni incriminate, all’1,88% alla fine della conferenza stampa della Lagarde. Se aumenta il rendimento dei titoli, aumenta il rischio correlato all’investimento nei nostri titoli di Stato e, di conseguenza, il tasso di interesse a cui i creditori prestano denaro al nostro Stato. Il risultato è la maggiore difficoltà del nostro Paese nel sostenere la spesa pubblica. Inoltre, la Borsa di Milano è andata a picco, mentre lo spread Btp-Bund ha superato quota 200.
La seconda ipotesi riguarda un’eventuale scelta di campo consapevole e volontaria da parte della Lagarde, vicina alle idee dei cosiddetti “falchi” della Bce.
I falchi sono ostili ad una politica monetaria espansiva (inondare di liquidità i mercati finanziari e acquistare titoli di Stato riducendone rendimenti e spread) e sostengono una normalizzazione dei tassi di interesse, ovvero un loro aumento dopo otto anni di tagli a guida Draghi, in modo tale da ristabilire la situazione prevalente prima della Grande crisi del 2008.
Tale ipotesi, se confermata, sarebbe molto più grave, in quanto significherebbe che l’era delle politiche espansive e del whatever it takes è giunta al termine. E in un momento critico come questo sarebbe un duro colpo per le economie più fragili dell’Eurozona, con l’Italia in prima linea. E se i paesi più fragili crollassero, sarebbe la fine dell’Euro e dell’Unione Europea.
Oggi più che mai, nella nostra ora più buia, serve una banca centrale forte che intervenga con decisione e tempestività per salvare l’intero sistema economico colpito dall’emergenza pandemica, immettendo liquidità sui mercati finanziari, aiutando i governi europei a far fronte all’emergenza con misure straordinarie e supportando i sacrifici delle nostre famiglie e delle nostre aziende in questo momento difficile.