Il Fondo salva-Stati che scalda l’Ue
Negli ultimi giorni la riforma del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, noto anche come Fondo salva-Stati, è finito al centro del dibattito politico italiano ed europeo. Ma di cosa si tratta?
Il MES è un’organizzazione internazionale, con sede a Lussemburgo, nata come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria dell’Eurozona, istituita dalle modifiche al Trattato di Lisbona approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento Europeo e ratificate dal Consiglio Europeo il 25 marzo 2011.
Il MES è composto dal Consiglio dei Governatori, da un Consiglio di Amministrazione e dal CEO. Il Consiglio dei Governatori è l’organo che esercita un peso maggiore nelle decisioni ed è presieduto dal Presidente dell’Eurogruppo e dai Ministri dell’Economia e delle Finanze nazionali a cui possono aggiungersi, in veste di osservatori, il Presidente della Bce ed il Commissario Europeo per gli Affari Economici. L’organizzazione ha il potere di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti.
Il Consiglio Europeo di Bruxelles del 9 dicembre 2011, con l’aggravarsi della crisi dei debiti sovrani, ha varato l’entrata in vigore del fondo a partire da luglio 2012. Il fondo è dotato di un capitale pari a 705 miliardi di euro. Il capitale ha funzioni assimilabili ad una garanzia: attingendo a tale garanzia il fondo può emettere obbligazioni per raccogliere risorse utili a finanziare paesi in crisi. Il fondo può aiutare i paesi in crisi attraverso un finanziamento diretto, la sottoscrizione di obbligazioni nel mercato primario o l’acquisto di obbligazioni nel mercato secondario.
Da quanto è operativo, il MES ha erogato prestiti per 254,5 miliardi di euro. Tra il 2010 e il 2015 il fondo è intervenuto in cinque Paesi in Grecia (40,2 miliardi), Irlanda (17,7 miliardi), Portogallo (26 miliardi), Spagna (41,3 miliardi) e Cipro (6,3 miliardi). La Grecia, in dissesto finanziario negli anni della crisi finanziaria e della crisi del debito sovrano, ha fatto ricorso al MES per ben tre volte. In cambio degli aiuti, i governi nazionali di questi cinque paesi hanno dovuto mettere in atto una serie di riforme strutturali e politiche di bilancio austere sotto il controllo della Troika (costituita dai presidenti rispettivamente di Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Bce).
Da un paio d’anni è in corso un negoziato per riformare il MES. A giugno 2019, l’Eurogruppo, la riunione dei Ministri dell’Economia dei 19 Paesi dell’Eurozona, ha concordato una bozza di riforma con lo scopo di:
- completare l’Unione Bancaria;
- rafforzare l’Unione Economica e Monetaria;
- creare una Fondo Monetario dell’Ue in grado di aiutare i Paesi a rischio default, sulla falsa riga del Fondo Monetario Internazionale.
La riforma dovrà ottenere l’approvazione dell’Euro summit di dicembre (si tratta della riunione dei capi di Stato e di governo dei paesi dell’Eurozona), per poi essere ratificato dai Parlamenti di tutti i 19 Stati membri. L’obiettivo della riforma è il rafforzamento della protezione che il Fondo salva-Stati è in grado di assicurare ai paesi in difficoltà. Infatti, annunciando al mercato che eventuali crisi dei membri dell’Eurozona potrebbero contare sul supporto finanziario di un fondo di sicurezza, si potrebbero ridurre di molto le speculazioni sui titoli di stato e sugli spread.
Questa garanzia avrebbe due effetti:
1) la riduzione del premio al rischio richiesto dagli investitori sul debito dei Paesi periferici come l’Italia, che pagherebbero meno interessi a servizio dei nuovi debiti;
2) un minore costo-opportunità nell’adottare politiche di bilancio espansive fuori dai parametri europei.
Tuttavia, la riforma prevede anche condizioni molto stringenti per accedere al nuovo fondo. Infatti, nella bozza della riforma si legge: “la linea di credito precauzionale e condizionata per il Paese in difficoltà è disponibile se tutte le seguenti caratteristiche sono rispettate: deficit non superiore al 3% del PIL, un budget strutturale in linea con il benchmark, rapporto debito/PIL sotto il 60% o una riduzione nel differenziale a tale soglia nella misura di un ventesimo all’anno nella media dei due anni precedenti, assenza di gravi vulnerabilità del settore finanziario che mettano a rischio la stabilità finanziaria del membro MES”. Secondo una simulazione effettuata dal think tank economico Bruegel, 10 Stati su 19 dell’Eurozona non soddisferebbero le condizioni per avere accesso al fondo salva-Stati, compresa l’Italia.
Gli altri due punti critici della riforma riguardano il maggior peso politico del nuovo MES rispetto alla Commissione Europea e la semplificazione del processo di ristrutturazione del debito pubblico del Paese richiedente l’aiuto del fondo, che sarebbe avviato previa analisi della sostenibilità delle sue finanze.
Per quanto riguarda il primo punto, con la riforma si creerebbe una condizione di accavallamento dei poteri di Commissione e MES. Con quest’ultimo che avrebbe un peso significativo sulla stabilità finanziaria dei paesi in crisi, con poteri di indirizzo delle politiche di bilancio nazionali, ma soprattutto con una minore legittimazione democratica alla base della sua attività di controllo, rispetto alla Commissione, trattandosi di una organizzazione intergovernativa di natura fortemente finanziaria. Tuttavia, la presenza dei Ministri delle Finanze nel Consiglio dei Governatori, tempera il grado di indipendenza politica dell’organismo.
Per quanto concerne il secondo punto, secondo il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, per cui i rischi maggiori che provengono dalla riforma del MES riguarderebbero “una spirale perversa di aspettative di default che potrebbe essere una profezia auto-realizzante”. Secondo Visco, l’annuncio di una ristrutturazione del debito pubblico dell’Italia potrebbe innescare una spirale di attacchi speculativi sui titoli di stato, che porterebbero lo spread su livello elevatissimo. Se questo dovesse accadere, un risanamento economico, che in origine magari non era nemmeno strettamente necessario, diventerebbe inevitabile.
Dunque, la riforma renderebbe più semplice per gli organismi sovranazionali ottenere il via libera per approvare la ristrutturazione del debito pubblico di uno Stato. Allo stesso tempo, un Paese potrà avere accesso all’aiuto economico solo se interverrà in maniera decisa per far scendere il debito pubblico.
Il dossier sul MES dovrebbe chiudersi a dicembre, se Eurogruppo ed Euro summit daranno il via libera.