La Grande Crisi
La crisi finanziaria dei mutui subprime ha avuto inizio negli Stati Uniti nel 2006.
I presupposti della crisi risalgono al 2003, con il significativo aumento dell’erogazione di mutui ad alto rischio, ossia a clienti che in condizioni normali non avrebbero ottenuto credito poiché non sarebbero stati in grado di fornire sufficienti garanzie. I fattori che hanno stimolato la crescita dei mutui subprime sono riconducibili alle dinamiche del mercato immobiliare statunitense, allo sviluppo delle cartolarizzazioni, alla deregulation del sistema finanziario.
A partire dal 2000 e fino alla metà del 2006, negli Stati Uniti i prezzi delle abitazioni sono cresciuti in maniera costante e significativa, generando una vera e propria bolla immobiliare.
Tale dinamica è stata favorita dalla politica monetaria accomodante della Fed che ha mantenuto i tassi di interesse su valori storicamente bassi fino al 2004, in risposta alla crisi della bolla sui titoli tecnologici e all’attacco dell’11 settembre 2001.
I tassi di interesse hanno stimolato la domanda di abitazioni alimentandone ulteriormente i relativi prezzi. La bolla immobiliare ha reso conveniente la concessione di mutui da parte delle istituzioni finanziarie che, in caso di insolvenza del mutuatario, avrebbero potuto comunque recuperare il denaro prestato attraverso il pignoramento e la rivendita dell’abitazione.
A partire dal 2007, i prezzi delle case hanno incominciato a scendere e presto il valore dei mutui ipotecari è stato superiore al valore delle case. Il flusso di denaro necessario a onorare le cedole sui titoli legati all’immobiliare, che aveva un peso rilevante sui bilanci di banche e finanziarie si è rapidamente prosciugato, generando ingenti perdite e il crollo dei titoli bancari. Tassi di insolvenza sempre più elevati hanno generato la fuoriuscita dalle cartolarizzazioni.
Le cinque banche di investimento più prestigiose di Wall Street (Merril Lynch, Bear Sterns, Lehman Brothers, Goldman Sachs e Morgan stanley) si sono trovate in portafoglio importanti quantità di attivi di pessima qualità a fronte dei quali è diventato impossibile fare funding. Il problema ha investito il mercato dei Credit Default Swaps per i quali uno dei soggetti più attivi era la American International Group (AIG). Nel 2008 la crisi ha cominciato a diffondersi, generando squilibri e instabilità sui mercati finanziari, con vendite di titoli al ribasso, il blocco del mercato interbancario e la crisi di liquidità. La Fed è stata costretta ad intervenire tempestivamente con massicce immissioni di base monetaria.
Il 16 marzo 2008 Bear Stearns, in crisi di liquidità irreversibile, è stata ceduta a JP Morgan. L’intervento è riuscito, in un primo momento, a stabilizzare i mercati. Il 7 settembre, la Fed ha autorizzato la nazionalizzazione dei due colossi finanziari Fannie Mae e Freddie Mac, al fine di evitarne il fallimento. Il 14 settembre Merril Lynch è stata acquisita dalla Bank of America per 50 miliardi di dollari. Il 15 settembre, ricordato come il lunedì nero, la Lehman Brothers ha chiesto al tribunale fallimentare di New York l’amministrazione controllata, ormai atterrata da 80 miliardi di titoli legati ai subprime. Il Tesoro ha negato qualsiasi forma di sostegno finanziario.
Il fallimento della grande banca di investimento ha avuto grossi effetti sui mercati finanziari e sull’economia reale: grande volatilità all’interno dei mercati finanziari, bassi livelli di liquidità in una serie di comparti, profonde ristrutturazioni all’interno di alcune grandi istituzioni finanziarie, interventi governativi senza precedenti allo scopo di salvaguardare gli istituti di credito e una crisi finanziaria in Islanda che si è propagata in altri paesi. Wall Street e le borse europee hanno bruciato rispettivamente 700 e 125 miliardi di dollari. Il 16 settembre il Tesoro e la Fed hanno avviato l’emissione di un prestito ponte di 85 miliardi per evitare il fallimento del colosso americano delle assicurazioni AIG. Il 18 settembre gli indici azionari sono stati travolti, i flussi di credito sono stati congelati, le quotazioni dell’oro hanno raggiunto livelli altissimi. I crolli di Wall Street si sono propagati velocemente a tutte le altre borse e hanno convinto le autorità monetarie dei principali paesi ad avviare un’operazione congiunta di immissione di liquidità. Il governo federale ha annunciato la creazione di un mega-fondo per rimuovere gli asset illiquidi delle banche legati ai mutui che hanno perso valore a causa del crollo del mercato immobiliare. L’obiettivo era quello di ripulire il sistema, sperando che gli ingranaggi del credito e degli scambi riprendessero a funzionare. I mercati hanno reagito favorevolmente alla notizia. Ma il 29 settembre 2008 il piano di salvataggio è stato bocciato e sui mercati si è verificato un secondo lunedì nero. Il 3 ottobre negli Stati Uniti è stato approvato un piano per il riacquisto sul mercato dei titoli cartolarizzati di bassa qualità, in modo da aiutare il bilancio delle banche, il Tarp (Troubled asset relief program), la cui ampiezza è stata inizialmente fissata a 700 miliardi di dollari. Il programma di acquisti ha raggiunto complessivamente un valore pari a 7.700 miliardi di dollari e ha comportato immissione di liquidità sul mercato bancario a tassi prossimi allo zero dalla Fed a sostegno di banche e compagnie di assicurazione.
Le banche centrali e i governi di tutto il mondo hanno reagito con decisione alle sfide poste dalla crisi finanziaria globale. È stato necessario intervenire con misure incisive e tempestive per mantenere la liquidità dei mercati, ridurre il rischio sistemico e ripristinare la stabilità nei mercati finanziari. Le autorità di bilancio e monetarie si sono trovate ad affrontare sfide analoghe, dovendo assicurare allo stesso tempo che le risposte fornite fossero commisurate alle specificità dei loro singoli sistemi finanziari ed economici.